Spettacoli e Saggi degli allievi

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Guida alla fruizione per spettatori milanesi

Momento intenso durante un saggio di flamenco

Un momento intenso

Quando andiamo a vedere uno spettacolo di una scuola o ancor più un saggio, dobbiamo considerare che cosa c’è dietro.

Prima di tutto, ricordiamo che questa danza è enormemente difficile. Fatica, sudore, arrabbiature contro i propri piedi che non ne vogliono sapere di produrre i suoni giusti al momenti giusto, contro i musicisti che si ostinano a non modificare il ritmo per adattarlo ai nostri errori. Tempo, tanto tempo dedicato, sottratto agli impegni, allo studio, alla famiglia… ma anche e soprattutto divertimento, condivisione, gioia di vivere.
Imparare non è uno scherzo!

Imparare a ballare producendo al contempo musica non è facile proprio per niente: ricordarsi tutta la coreografia, che nel flamenco, proprio per le esigenze costruttive stesse del genere musicale, dura sempre almeno 7 o 8 minuti, quando non 12 o 13 mette a durissima prova i nostri poveri neuroni. Inoltre mettersi sul palco davanti a tanta gente ci espone ad un rischio reale di fare una brutta figura proprio con i nostri amici: psicologicamente è un carico che va considerato.

Ovviamente le capacità dei ballerini sono soggettive e personali, e in un saggio on viene effettuato un casting!
Ci sono persone molto timide, per le quali mettersi sul palco significa esporsi enormemente, ci sono persone che magari hanno appena cominciato il loro percorso nella danza. Ballare non è semplice, e soprattutto non lo è partire, in alcuni casi, proprio dal flamenco: imparare a danzare, a suonare e ad essere espressivi e presenti nel movimento è davvero una bella sfida!

Le musiche in commercio non sono nate per la danza, e quindi non hanno la struttura che sarebbe corretta per il baile. Occorre la musica dal vivo perché la relazione corpo-suono è fondamentale. E i musicisti non sono macchine e non suoneranno nello stesso modo ogni giorno: nessuno di loro a davanti a sé una partitura musicale. Che cosa significa questo? Che il flamenco nella sua essenza è improvvisato, anche quando c’è un montaggio coreografico preciso da seguire. Pensate alla musica jazz, e avrete un’idea più chiara del fenomeno. I musicisti non suonano esattamente la stessa cosa ogni volta, anzi, al contrario, ad ogni ripetizione ci sono continue variazioni.
Evidentemente, alle lezioni non possono sempre essere presenti tutti i musicisti: per ballare flamenco ci vuole almeno una chitarra, un cantaor e qualcuno che tenga il ritmo, con le palmas o con una percussione. abbiamo la fortuna di poter avere l’accompagnamento di una chitarra e spesso anche del violoncello un paio di volte al mese, ma tutti gli altri strumenti e soprattutto i cantaores…. vengono solo per l’evento saggio (fra l’altro per David non sarebbe comodissimo venire a cantare durante le lezioni direttamente da Cordova, visto che vive lì…). Quindi i ragazzi (ecco come chiamo gli allievi, indipendentemente dalla loro età anagrafica) si abituano a ballare con la famosa cantaora “La milanesa afonica”, al secolo… io, che, oltre a non saper proprio cantare flamenco (non sono stonata, anzi, e ho ottimo senso del ritmo, ovviamente, dato il lavoro che faccio, ma per cantare flamenco occorrono doti di voce e di uso della voce che di certo non mi appartengono, quindi il mio canto è un surrogato del canto flamenco quanto il Big Mac lo può essere di una costata alla fiorentina…) ho anche la erre moscia (immaginate le risate quando cerco di cantare l’introduzione di Algerias che suona “tirititran tran tran” o il finale della Farruca “Que con el tran tran trero”)… quando sentono il cante vero ne hanno uno shock dal quale si riprendono solo dopo un po’ di ore!
Ma il bello del flamenco è proprio questo: l’essere presenti, nel momento. E lasciare che sia il nostro istinto a rispondere!
Mettersi in gioco sul palco è davvero una sfida coraggiosa.

gruppo che balla flamenco al saggio

L’entusiasmo degli allievi è una vera festa

Per imparare, si deve lavorare sodo, rubando tempo agli impegni quotidiani, ripassando mentalmente i passi in coda al semaforo o ripetendoli di nascosto, piccini piccini, alla fermata dell’autobus: il flamenco è una malattia, che si insinua subdolamente in ogni più recondita piega della nostra giornata. Si prova, si sbaglia, ci si arrabbia, e, proprio quando ci sembra che il passo non verrà mai, ecco che per miracolo si apre una finestra e… voilà, tutto appare chiaro. Finalmente l’accento ritmico, la dinamica del movimento funzionano e ci convinciamo per un attimo che non li sbaglieremo più… ma ecco che il giorno dopo improvvisamente tutto è di nuovo nebuloso…

La collaborazione è fondamentale anche perché nel flamenco la musica è dal vivo e i musicisti non hanno spartito, lavorano sull’improvvisazione, rispondono al momento, al “qui e ora”. Non c’è neanche un direttore d’orchestra! A dirigere il tutto, come nella musica jazz, è l’ascoltarsi, il sentirsi, il rispettarsi, l’aiutarsi, il sottolineare le qualità reciproche.

Inoltre, mettersi sul palco davanti a tanta gente ci espone ad un rischio reale di fare una brutta figura proprio con i nostri amici: psicologicamente è un carico che va considerato.

Il flamenco è come la vita stessa: ogni giorno è differente, non c’è niente di prevedibile al 100%, e una parte del suo fascino è proprio questo: prendersi il rischio!

Il flamenco ha un fascino pericoloso, totalizzante: attenzione… crea facilmente dipendenza!

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